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Il curatore e' legittimato all'azione per abusiva concessione di credito nei confronti degli amministratori e della banca


Tribunale Prato · 15 Febbraio 2017

Fallimento, azione di responsabilità verso gli Amministratori - Abusiva concessione di credito da parte della banca - Responsabilità solidale - Legittimazione del Curatore

 


Il curatore è legittimato all’azione di abusiva concessione di credito in via solidale verso la banca e gli amministratori.

Le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori o degli istituti di credito non derivano dal fallimento e non sono pertanto sottoposte alla competenza speciale dell'art. 24 l. fall.. Esse si trovano nel patrimonio della fallita prima della dichiarazione di fallimento ed in ragione del criterio di collegamento di cui all'articolo 20 c.p.c., locus commissi delicti, la competenza per tali azioni spetta al tribunale dove l'evento dannoso lamentato si è verificato nel patrimonio della società che solitamente coincide nella sede legale della società stessa.

L'art. 146 l. fall. riconosce al curatore la legittimazione all'azione di responsabilità sia nei confronti dell'organo gestorio delle società di capitali che in relazione alle società di persone, anche in considerazione della formulazione ampia e generica di tale norma che non consente una interpretazione restrittiva.

La circostanza secondo cui nelle società di persone gli amministratori coincidono con i soci illimitatamente responsabili che con il fallimento della società falliscono in proprio e quindi perdono la legittimazione processuale rispetto ai rapporti a contenuto patrimoniale, non costituisce ostacolo al riconoscimento della legittimazione del curatore.

Questo principio è confermato non solo dalla possibilità che anche nelle società di persone venga nominato un amministratore estraneo alla compagine sociale, ma anche perché: a) l'art. 2260 secondo comma, stabilito per la società  semplice ma estensibile anche alle società in nome collettivo, prevede la responsabilità degli amministratori nei confronti della società; b) la società di persone pur essendo sprovvista di personalità giuridica costituisce un centro di interessi e di imputazione di situazioni sostanziali e processuali dotato di una distinta autonomia e capacità rispetto ai soci stessi; c) il mancato esercizio dell'azione contro l'amministratore infedele non impedisce l'azione contro la banca finanziatrice, come ha stabilito la prima sezione della Cassazione con sentenza 1261 del 25.01.2010,.

La legittimazione del curatore a esercitare l'azione di responsabilità sociale o dei creditori contro gli amministratori di una società di persone comporta la legittimazione dello stesso curatore ad agire nei confronti delle banche per aver concorso con gli amministratori stessi nella responsabilità dell'organo gestorio. Pertanto il curatore può proporre l'azione di responsabilità contro i terzi che abbiano danneggiato il patrimonio della società e conseguentemente, in presenza di un unico fatto dannoso imputabile a più persone, l’adempimento del debito risarcitorio può essere richiesto per la sua totalità ad uno solo dei coobbligati solidali anche con azione separata, non sussistendo nei confronti dei coobbligati in solido un'ipotesi di litisconsorzio solidale.

L'azione di responsabilità fondata sul concorso della banca nella responsabilità solidale degli amministratori nei confronti della società non costituisce azione di massa di cui all'articolo. 24 l.fall. né può essere ricondotta ad una azione che il curatore verrebbe a proporre in rappresentanza dei singoli creditori, ma costituisce piuttosto una azione volta a tutelare un credito risarcitorio facente capo alla società fallita e che rientra nei rapporti di diritto patrimoniale compresi nel fallimento e che sono oggetto di controversie nei quali sta in giudizio il curatore in sostituzione del soggetto fallito.

Considerato che l'azione ex art. 146, l. fall. contiene inscindibilmente le due azioni ex art 2393 e 2394 c.c., quando tale azione è proposta nei confronti degli amministratori e in via solidale nei confronti della banca finanziatrice, il danno fatto valere è quello subito dalla società e dai creditori sociali per perdita della garanzia patrimoniale.

La prescrizione dell’azione sociale e dei creditori sociali decorre dal momento in cui essa poteva essere percepibile all’esterno ed, in considerazione della difficoltà per il curatore di fornire tale prova, sussiste una presunzione juris tantum di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento.

Il curatore si sostituisce alla società nella promozione dell’azione sociale verso gli amministratori ed in via solidale verso i soggetti che hanno posto in essere una condotta concorrente con quella di un terzo. L’alterità tra la società di persone e suoi soci consente al curatore di proporre l’azione sociale, in quanto l’autonomia soggettiva impedisce di ritenere che la condotta del socio amministratore, che ha cagionato un danno al patrimonio sociale, sia stato causato dalla stessa società.

I soci amministratori delle società di persona rispondono verso la società secondo le regole del mandato richiamate dall’art. 2260, 2293, 2318 c.c., per avere fatto ricorso al credito senza che sussistesse nella società il presupposto della meritevolezza.

Nell’erogazione del credito la banca è tenuta ad una prestazione che deve essere eseguita non solo secondo i generali doveri di diligenza e prudenza ma anche con l’osservanza dei più specifici principi della sana e prudente gestione, come pure delle indicazioni in relazione al controllo e del rischio di credito di cui alla circolare n. 229 del 21.4.199, con l’osservanza degli obblighi istruttori, valutazione, monitoraggio, revisione, costante informazione attraverso la centrale dei rischi, (indicazioni e principi confermati dagli accordi di Basilea), con la conseguenza che la violazione dei predetti doveri comporta la responsabilità extracontrattuale in concorso con gli amministratori.

Il nesso causale tra la condotta della banca ed il danno può dipendere tanto dal comportamento attivo della erogazione del credito , quanto dal comportamento omissivo della mancata revoca degli affidamenti,  se da tale comportamento applicando il criterio probatorio del più probabile che non, è derivato un ritardo nella manifestazione dell’insolvenza e nella dichiarazione di fallimento.

Il danno risarcibile, piuttosto che nella perdita patrimoniale, deve essere identificato nell’aggravamento della perdita, secondo il criterio dei netti patrimoniali rettificati secondo un confronto con situazioni patrimoniali omogenee. 


Autore Massima Prof. Avv. Bruno Inzitari
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Segnalazione Prof. Avv. Bruno Inzitri
Normativa di riferimento: Art. 20, 104 l. fall.; Art. 24, 43, 146; art. 2260 - 2315 - 2393- 2394;
 

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Pubblicato il 06 Aprile 2017 - Sez. II Giurisprudenza - Documento n. 265




 

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