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Gli interessi cc.dd. post-fallimentari non decorrono in pendenza della procedura concorsuale e non possono essere richiesti in pagamento al debitore tornato in bonis


Tribunale Padova · 03 Maggio 2016

Procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi – interessi post-fallimentari – interessi compensativi – indisponibilità giuridica del patrimonio – non esigibilità – non decorrenza di interessi -  insussistenza del credito

Procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi – interessi post-fallimentari – carenza di mora del debitore spossessato – insussistenza del credito

Procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi – domanda di pagamento contro il creditore tornato in bonis – azionabilità dei crediti per interessi cc.dd. post-fallimentari non soddisfatti – mancato richiamo alla disciplina fallimentare – rigetto

Procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi – cessione – credito per capitale ed interessi ammesso e già soddisfatto – credito litigioso – carenza di oggetto – nullità – non sussiste

Procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi – difetto di domanda di ammissione – redazione officiosa dello stato passivo – sospensione della prescrizione – non operatività


Deve ritenersi che non maturino interessi corrispettivi sui crediti ammessi allo stato passivo della procedura di amministrazione straordinaria ex L. 95/1979 (c.d. Legge Prodi), cui è applicabile la disciplina dello spossessamento prevista dalla Legge Fallimentare stante il richiamo dell’art. 1 d.l. n. 26/1979 agli artt. 195 e ss. L.fall.. La condizione di spossessamento del debitore sottoposto a procedura concorsuale, infatti, non rappresenta una mera indisponibilità di fatto, atteso che ciò che si realizza non è l’impossibilità materiale del debitore di adempiere, ma la perdita dell’amministrazione e della disponibilità giuridica di tutto il patrimonio: se ne deve concludere, dunque, che i crediti ammessi allo stato passivo divengano esigibili nei confronti della procedura concorsuale nei modi stabiliti dalla legge, mentre sono inesigibili nei confronti del fallito, in quanto, da un lato, il creditore non può chiedere l’adempimento e, dall’altro, il fallito non può adempiere, sicché manca il requisiti dell’esigibilità previsto dall’art. 1282 c.c. affinché si producano interessi nel corso della procedura concorsuale stessa.

Analogamente deve ritenersi che non maturano interessi moratori sui crediti ammessi al concorso: essi, infatti, configurano una forma di risarcimento del danno in quanto la mora nell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie consiste nel ritardo colpevole che giustifica il diritto del creditore al risarcimento del danno quantificato nella misura degli interessi legali ex art. 1224 c.c.. Per contro, il debitore sottoposto a procedura concorsuale non può essere considerato responsabile del ritardo nel pagamento del credito per capitale a partire dal momento in cui, avendo perso la disponibilità del patrimonio, non ha più alcun potere di adempiere. Ne discende che durante la procedura gli interessi moratori non maturano nei confronti del debitore fallito e riprendono a decorrere dalla chiusura della procedura per la sola ipotesi in cui sussista un residuo debito e solo entro tali limiti il creditore potrà agire nei confronti del debitore successivamente tornato in bonis ai sensi dell’art. 120, comma terzo, l.fall..

Il D.l. n. 26/1979, poi convertito in L. n. 95/1979 (Legge Prodi) e il D.lgs. n. 270/1999, come pure nemmeno le norme sulla liquidazione coatta amministrativa, dalle prime richiamate, fanno riferimento espresso all’art. 120 l.fall., sicché – in ossequio all’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione (cfr. Cass. civ., n. 177/2008 e n.23275/06), secondo cui la disciplina del fallimento si applica alle altre procedure concorsuali solo ove espressamente richiamata –, nello specifico caso dell’amministrazione straordinaria è ab origine impossibile che il creditore ammesso al passivo possa agire per ottenere il pagamento degli interessi cc.dd. post-fallimentari nei confronti del debitore tornato in bonis.

Non può predicarsi la nullità ai sensi del combinato disposto degli artt. 1418, secondo comma, e 1325, n. 3), c.c. dell’atto di cessione di un credito per capitale ed interessi ammessi allo stato passivo di una procedura concorsuale e già soddisfatti dalla procedura medesima, nonché per interessi cc.dd. post-fallimentari, in quanto essa ha ad oggetto un credito contestato su cui pende un apposito giudizio di accertamento: l’eventualità che il credito contestato risulti inesistente non inficia il contratto di cessione, che ha ad oggetto proprio il credito che potrebbe anche non sussistere nel merito.

Nella procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi l’ammissione allo stato passivo avviene mediante formazione officiosa dello stesso da parte dei Commissari straordinari e i crediti ivi registrati sono quelli per capitale ed interessi anteriori alla sottoposizione alla procedura: non si ha una domanda di insinuazione riconducibile all’art. 94 l.fall. e, pertanto, non si produce l’effetto interruttivo-sospensivo della prescrizione ivi previsto. L’ammissione allo stato passivo, rappresentando riconoscimento di debito, interrompe la prescrizione con effetto istantaneo e, anche se si volesse ritenere il contrario, l’effetto sospensivo riguarderebbe i soli crediti per capitale ed interessi nella misura ammissibile al concorso e non, quindi, i cc.dd. interessi post-fallimentari.

 


Autore Massima Avv. Vincenzo Ruggiero
© Riproduzione Riservata
 
Segnalazione Prof. Avv. Bruno Inzitari
Normativa di riferimento: artt. 55 e 120 l.fall.; artt. 1219, c.2, 1224, 1282, 1418 c.c.; art. 633 e 634 c.p.c.; L. n. 85/1979 (Legge Prodi);
 

TESTO INTEGRALE ·

Pubblicato il 11 Maggio 2016 - Sez. II Giurisprudenza - Documento n. 245



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