Conflitto d'interessi nel concordato preventivo
Tribunale Milano · 15 Novembre 2018
Concordato preventivo - conflitto di interessi - autonomia privata - diritto di voto - calcolo delle maggioranze numeriche
La regola generale del 160 comma 2 del rispetto dell'ordine delle prelazioni - che e' indefettibile nel concordato liquidatorio, salvo l'apporto di nuova finanza che può essere utilizzata anche in apparente violazione di tale ordine, proprio perché non promana dal patrimonio del debitore e non è vincolata a garantirne le obbligazioni - deve essere intesa nel concordato in continuità come operativamente limitata, nel tempo, alla data della presentazione della domanda di concordato e nella "dimensione applicativa" al patrimonio della concordataria esistente a quella data. Il parametro che costituisce il limite di riferibilità per appurare se vi sia violazione o meno dell’ordine della prelazione o se la stessa sia degradata e, quindi venuta meno e incorporata nei chirografi, è il momento della presentazione della domanda perché ciò che è valutabile ai fini della capienza in sede di redazione del piano è solo il patrimonio attuale della società e solo esso sarebbe passibile di azioni esecutive o di collocazione sul mercato al cui risultato si dovrebbe comparare l’offerta formulata dalla società per appurare se essa lede il privilegio o meno.
Più precisamente, è da ritenersi che, allorquando i flussi della continuità siano generati da una prosecuzione aziendale resa possibile unicamente per effetto dell’apporto di un soggetto terzo, non possono ritenersi assoggettati al rispetto dell’ordine delle cause di prelazione, per la semplice ragione che detti flussi, nella prospettiva fallimentare, semplicemente non esisterebbero. Qualora i flussi della continuità siano comunque generati dalla residua capacità patrimoniale del debitore, non appare possibile condurre i suddetti flussi al di fuori della regola dell’art. 2741 c.c. Qualora, invece, tali flussi siano resi possibili da una prosecuzione aziendale, resa a propria volta possibile unicamente dall’apporto di risorse esterne da parte di un terzo, ben può affermarsi che tali flussi, in quanto generati da una finanza esterna, ne ereditino i caratteri, e risultino, quindi, liberamente distribuibili, sol che si consideri che, in assenza dell’apporto del terzo, detti flussi non esisterebbero, e conseguentemente le cause di prelazione – in primis il privilegio generale mobiliare – non avrebbero oggetto alcuno su cui esercitarsi.
Alla luce dei principi enunciati recentemente da Cass. S.U. 28 giugno 2018, n. 17186 – ed in particolare dell’affermazione della atipicità delle situazioni di conflitto di interesse, e della necessità di dare rilevanza alla ratio delle previsioni di legge sempre in materia di conflitto di interessi, evitando interpretazioni letterali restrittive ed assicurando, conseguentemente, la massima tutela al principio di autonomia privata – deve ritenersi che sussista una situazione di conflitto di interessi in capo al soggetto che risulti contemporaneamente titolare di una partecipazione in uno degli assuntori co-proponenti il concordato preventivo, per una quota di rilevanza tale da consentire ingerenze massicce nella gestione del proponente medesimo (nella specie 50 per cento), nonché creditore della società in concordato nella veste di obbligazionista, non assumendo concreta rilevanza il fatto che il voto di tale soggetto non sia espresso direttamente nell’adunanza dei creditori, ma nell’assemblea speciale degli obbligazionisti, convocata per deliberare il voto da esprimere a nome degli obbligazionisti medesimi in adunanza (nella specie proprio il voto del soggetto in conflitto di interessi nell’assemblea degli obbligazionisti ha determinato la decisione dei medesimi di esprimere voto favorevole al concordato, e tale ultimo voto è stato a propria volta determinante nel raggiungimento della maggioranza numerica dei crediti).
Accertata la sussistenza di tale conflitto, tuttavia, non appare possibile applicare il meccanismo di sterilizzazione radicale del voto enunciato dalla stessa Cass. S.U. 28 giugno 2018, n. 17186 per la diversa ipotesi di concordato fallimentare. Ciò in quanto nel concordato preventivo esiste una norma specifica - l'art. 163, comma 6, L.F. – che è da ritenersi applicabile in via estensiva anche all’assuntore che sia co-proponente il concordato, o più precisamente al creditore che controlli l’assuntore medesimo, con la conseguenza che tale soggetto in conflitto di interessi deve essere collocato in una classe distinta. Ove, invece, tale collocazione separata non sia avvenuta, e, per contro, nella stessa classe ove si trova il creditore in conflitto di interessi sia collocato altro creditore dissenziente, quest’ultimo potrà invocare, ex art. 180, comma IV, L.F., il c.d. cram down, e cioè il giudizio comparativo di convenienza rispetto all’ipotesi di liquidazione fallimentare.
Autore Massima Dott. Federico Rolfi
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Segnalazione Dott.ssa Alida Paluchowski
Normativa di riferimento: Artt. 160, comma 2, L.F.; 180, comma 4, L.F.; 163, comma 6, L.F. 2741 c.c..