Tribunale Nola · 08 Gennaio 2013
Azione revocatoria fallimentare esperita nei confronti di altro fallimento – Ammissibilità – Tribunale competente – Conseguenti pronunce di condanna alla restituzione di somme e/o di beni
Azione revocatoria ordinaria nei confronti di acquisti “a cascata” – Presupposti – Revocabilità del primo atto ex art. 67 l. fall. e dei successivi atti ex art. 2901 c.c. - Malafede del terzo sub acquirente
E’ ammissibile l’azione revocatoria fallimentare esperita dal curatore nei confronti di altra procedura fallimentare con azione di cognizione ordinaria piuttosto che nelle forme dell’accertamento del passivo. Non è ravvisabile, infatti, alcuna distinzione tra l’azione revocatoria esperita nei confronti di chi sia “in bonis” e poi, nel corso del giudizio, fallisca, e l’azione revocatoria che debba essere “ab initio” esperita nei confronti di un fallimento. Invero, l’azione revocatoria è azione di accertamento con effetti costitutivi rispetto alla quale colui che la propone non chiede l’accertamento né di un diritto di credito, né di un diritto personale o reale su beni mobili ed immobili, ai sensi dell’art. 52 l. fall., ma la pronuncia di una sentenza che ricostituisca la garanzia patrimoniale del proprio debitore. Non v’è ragione, quindi, che il curatore fallimentare non possa esperire un’azione a tutela della massa, quale la revocatoria fallimentare, nelle forme di un ordinario giudizio di cognizione, da radicare presso il Tribunale che ha dichiarato il fallimento, anche quando ad essere convenuto sia altra procedura fallimentare, la quale ben potrà, attraverso la rappresentanza comune degli interessi veicolata dal curatore convenuto, esperire ogni opportuna difesa circa la sussistenza dei presupposti della richiesta revoca dell’atto di disposizione. Ciò che, essendo il convenuto una procedura fallimentare, sfuggirà alla cognizione del Tribunale fallimentare adìto saranno esclusivamente le (eventuali) conseguenti pronunce di condanna alla restituzione di somme e/o di beni, per le quali invece sarà competente il Tribunale che ha dichiarato il fallimento del beneficiario del pagamento revocato secondo le modalità stabilite per l’accertamento del passivo e dei diritti dei terzi.
L’azione revocatoria ordinaria esperibile nei confronti dei cd. “acquisti a cascata” presuppone innanzitutto l’accertamento, anche incidenter tantum, della revocabilità dell’atto (cioè del primo acquisto dal fallito) ex art. 67 l. fall, nonché quella dei successivi atti (ex art. 2901 c.c.), ed in secondo luogo la prova (il cui onere incombe sul curatore) della malafede del terzo subacquirente, correttamente intesa come piena consapevolezza della revocabilità del primo atto ex art. 67 l. fall. e dei successivi atti ex art. 2901 c.c. senza soluzione di continuità. La malafede del terzo sub acquirente non consiste in una mera ed astratta conoscibilità secondo un canone di diligenza media, ma nella attuale e concreta conoscenza della revocabilità dell’atto, la cui prova può essere fornita dal curatore attore a mezzo presunzioni.
Autore Massima
Alessandro Boriello © Riproduzione Riservata
Segnalazione
Prof. Avv. Francesco FimmanòNormativa di riferimento:
art. 67 l. fall.; art. 2901 c.c.; art. 2901 c.c.; artt. 52 e 66 l. fall; art. 269 c.p.c.
Pubblicato il 11 Febbraio 2014 - Sez. II Giurisprudenza - Documento n. 137