L' azione esecutiva intrapresa per il recupero coattivo di somme di denaro estremamente contenute configura abuso del processo da parte del creditore
Cassazione civile, sez. III Roma · 03 Maggio 2015
L’art. 24 Cost., nell’offrire tutela al diritto di azione del creditore non esclude che la legge possa richiedere, quale parametro per giustificare l’accesso al giudice nelle controversie meramente patrimoniali, che il valore economico della pretesa superi una soglia minima di rilevanza, innanzitutto economica, e, sotto distinto profilo, anche giuridica. Invero, la giurisdizione è notoriamente una risorsa statuale limitata, sicché ben può la legge, esplicitamente od implicitamente, limitare il ricorso al giudice per far valere pretese di natura meramente patrimoniale di scarso valore, tenendo anche conto che il numero delle azioni giudiziarie non può non influire, stante la limitatezza delle risorse disponibili, sulla durata ragionevole dei giudizi, che è bene protetto dall’art. 111 Cost., nonché dall’art. 6 CEDU.
La pretesa di un valore monetario molto contenuto in sede di esecuzione coattiva da parte del creditore procedente costituisce una fattispecie integrante l’abuso del processo, in quanto si pone in violazione del generale principio di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. e, più in generale, del dovere di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost., determinando un superfluo aggravio di oneri e costi in capo al debitore.
Autore Massima Dott. Vincenzo Ruggiero
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Segnalazione Prof. Avv. Bruno Inzitari
Normativa di riferimento: artt. 95, 496, 512, 546, 615 e 632 c.p.c., art. 1175, 1375 e 1218 c.c., artt. 2 e 111 Cost., art. 6 CEDU.