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Inammissibilità di istanza di fallimento per difetto di legittimazione attiva


Appello Milano · 19 Dicembre 2012

Concordato preventivo – stato di insolvenza – fallimento – competenza territoriale – onere della prova – istruttoria prefallimentare - legittimazione

A seguito della riforma del 2006 del R.D. 267/1942, che ha attribuito alla procedura fallimentare una connotazione prevalentemente privatistica, il creditore che ricorre per la dichiarazione di fallimento persegue la tutela di un interesse proprio – e solo di riflesso l’espulsione dell’impresa decotta dal mercato nell’interesse generale di una sana economia e la realizzazione della par condicio creditorum, atteso che, a norma della nuova formulazione dell’art. 6, non è più possibile la dichiarazione di fallimento d’ufficio – e la sua non costituisce più un’attività meramente sollecitatoria della dichiarazione di fallimento, ma costituisce l’esercizio di un’autonoma azione volta alla tutela del proprio diritto di credito.

Dalla natura privatistica dell’azione deriva l’applicazione del principio dell’onere della prova di cui all’articolo 2697 c.c.; pertanto il ricorrente istante deve, nella procedura prefallimentare ormai processualizzata, non solo qualificarsi creditore (come era ritenuto sufficiente prima della riforma), ma soprattutto fornire la prova del proprio credito - e quindi della propria legittimazione a chiedere il fallimento - ex art. 2697 c.c. perché, diversamente, andrebbe accertata l’inesistenza del credito e quindi la carenza di legittimazione attiva.


Autore Massima Michela Bailo Leucari
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Segnalazione Prof. Bruno Inzitari
 

TESTO INTEGRALE ·

Pubblicato il 13 Febbraio 2013 - Sez. II Giurisprudenza - Documento n. 37




 

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